Storia e Curiosità sulla Pasta

Riferimenti storici

Farina e acqua creano l’alimento più semplice che l’uomo può confezionare. Non sorprende quindi che le origini della Pasta risalgono a 7000 anni fa, quando l’uomo, abbandonata la vita nomade, inizia a coltivare i cereali e a comprenderne le tecniche di lavorazione. La macinazione gli consentirà di ottenere la farina e quindi tutti i suoi possibili prodotti derivati.

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Per molto tempo si è attribuito a Marco Polo l’introduzione della Pasta in Italia ma questa convinzione viene smentita dalle testimonianze storiche che indicano l’esistenza della Pasta in Italia prima che il veneziano esplorasse il Celeste Impero.

Infatti già i Greci e gli Etruschi erano abituati a produrre e a consumare i primi tipi di Pasta e i riferimenti storici successivi a firma Cicerone e Orazio, 100 anni prima di Cristo, menzionano la lagana (dal greco “laganoz” da cui il latino “laganum”) costituita da un impasto di acqua e farina da cui si ricavavano delle sottili strisce che venivano cotte in acqua. Le lagane sono ancora un tipo di pasta, ottenuto da farina di grano duro, che compare nelle ricette tradizionali del Cosentino.

Nel 1154 il geografo arabo Al-Idrin, in una sorta di guida turistica ante litteram dell’Italia, parla di “un cibo di farina in forma di fili” chiamato triyah (dall’arabo “trija” che sopravvive nella lingua moderna e deriva dalla radice “tari” che significa umido o fresco) che si confezionava a Palermo e veniva esportata in botti in tutta la penisola. Ancora oggi in Sicilia nella cucina tradizionale si fa la tria bastarda e i vermiceddi di tria mentre nel Salento c’è la massa e tria e i ciceri e tria e ancora nel barese troviamo la tridde, diminutivo di tria. Per confermare la quotidianità della Pasta nella vita del popolo italiano possiamo anche citare il notaio genovese Ugolino Scarpa che nel 1279, redigendo l’inventario degli oggetti lasciati da un marinaio defunto di nome Ponzio Bastone, elenca la “bariscela plena de macaronis”, intendendo una sorta di gnocchetti di semola del tipo dei malloreddus.

Per consentire la conservazione della Pasta, soprattutto per le necessità di frequenti spostamenti delle popolazioni nomadi, gli Arabi del deserto escogitarono per primi il confezionamento di pasta a tubetti con il caratteristico foro centrale che consentiva una migliore essiccazione e ne favoriva il trasporto. Nacquero così i primi cilindretti di Pasta forati al centro. Il più antico documento arabo sull’argomento è costituito dal libro di cucina di ‘Ibn ‘al Mibrad dove si parla di una ricetta tradizionale delle tribù beduine e berbere che è ancor oggi conosciuto in Siria e in Libano: la rista. Si tratta di maccheroni essiccati cotti con un condimento a base di lenticchie.

Tornando al Bel Paese non possiamo non citare Bartolomeo Sacchi, detto Platina, storiografo e prefetto della Biblioteca Vaticana che scrisse nel 1474 un ricettario noto col titolo abbreviato De Honesta Voluptate, in cui si accenna all’essiccazione per conservare la Pasta. Sacchi scriveva: “Desicata al sole tale vivanda durara per duo et etiam tre anni. Maxime se dil mese d’agosto sara impastati. Se cum luna crescente impastati.”. In tempi di magro Platina consiglia di servire i vermicelli “cum zucharo”.

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Le zone d’Italia che favorirono la pratica di essicamento furono quelle del Sud con il clima secco e ventilato dove l’asciugatura era affidata alla semplice esposizione all’aria. Ancora oggi il miglior metodo di asciugatura che consente alla Pasta di seccare dolcemente e uniformemente.

Nel Nord Italia, dove il clima era meno propizio, si inventò la giostra. Si trattava di un macchinario di legno formato da diversi piani, che accoglievano le paste corte, e di canne dove venivano adagiate le paste lunghe. La giostra si trovava in un locale riscaldato e girava utilizzando forza motrice idrica o animale.

Nel 1500 i maestri di paste alimentari, trapiantati ormai in tutt’Italia, cominciano a riunirsi in corporazioni. Troviamo corporazioni di Pastai a Roma, Napoli, Palermo, Milano, Savona. Nelle città dove tale arte era meno fiorente, i Pastai si accumunarono insieme ai fornai. Si consideri che chi produceva Pasta senza averne titolo rischiava grosso. A Roma per esempio, dove regnava un rigore “protezionista”, erano previste forti multe e pene corporali: sino a 25 scudisciate, tratti di corda, prigione e berlina.

Il mitico “sposo” della Pasta, il pomodoro, arrivò in Italia dal Perù nel 1554, ma la coltivazione su larga scala ebbe inizio solo nel XVII secolo. La Pasta col pomodoro nasce quindi “appena” quattro secoli fa.

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Nel XVII secolo erano talmente tante le botteghe dei vermicelli, che papa Urbano VIII, nel tentativo di regolare il commercio della Pasta, in una bolla papale del 1641, impose una distanza minima di 24 metri tra una bottega di Pastaio e l’altra.

Fino alla seconda metà del XVIII secolo l’impasto della semola con l’acqua veniva effettuato con i piedi. Questo metodo fu utilizzato fino a quando Ferdinando II, re delle Due Sicilie dal 1830 al 1859, incaricò lo scienziato Cesare Spadaccini di inventare un processo meccanico.

I primi torchi idraulici comparvero intorno al 1870. Il processo di meccanizzazione fu graduale ma verso la fine del 1800 il processo di fabbricazione della Pasta era già quasi completamente meccanizzato grazie alla forza del vapore o dell’energia idraulica. La prima macchina in grado di eseguire tutte le parti del processo produttivo fu brevettata nel 1933.

Sebbene il processo di produzione sia enormemente mutato attraverso i secoli, la Pasta è rimasta sempre la stessa semplice miscela di semola di grano duro e acqua. Mentre la Pasta fresca viene preparata anche con farina di grano tenero, per la Pasta secca in Italia si utilizza esclusivamente semola di grano duro.

Grano duro e grano tenero sono due varietà del cereale più diffuso nel mondo: il frumento. In Italia si coltivano entrambi: il primo è più diffuso nelle regioni meridionali ed in particolare in Puglia, il secondo ha una migliore produttività in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna.

La caratteristiche della semola di grano duro e della farina di grano tenero incidono profondamente sul risultato dell’impasto. Anche la legge italiana ne tiene conto stabilendo che per produrre Pasta secca si può usare soltanto semola di grano duro. Questo perché la semola di grano duro contiene quel glutine tenace che permette alla Pasta di tenere la cottura e di restare al dente (Etimologia di “semola”: viene dal latino “simila” = farina di grano, che a sua volta è una corruzione del greco “seminali”, proveniente forse dall’egiziano o comunque da un idioma mediterraneo non indoeuropeo).

Attualmente la quasi totalità della Pasta consumata in Italia è prodotta da grano non italiano.

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