Curiosità e Storia della Birra

Datare la nascita della Birra è praticamente impossibile e probabilmente, come per tante altre scoperte umane, la sua creazione potrebbe essere il risultato di casualità o coincidenze fortuite.

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Il più antico reperto archeologico che attesta la produzione della Birra è conservato nel British Museum di Londra. Si tratta di antiche tavolette di argilla del popolo dei Sumeri risalenti presumibilmente all’anno 3700 a.C., denominate Monumento Blau dal nome dello scopritore che le ha rinvenute durante gli scavi lungo il fiume Eufrate nel territorio che attualmente corrisponde all’Iraq meridionale. Sulle tavolette ritroviamo rappresentate anfore contenenti Birra insieme ad altri doni propiziatori che venivano offerti alla dea della fertilità, Nin-Harra. Grazie alla decodifica dei glifi dell’antica scrittura, si è appreso che i Sumeri producevano diversi tipi di Birra: la sikaru(letteralmente pane liquido) Birra di solo orzo, la kurunnu a base di farro, la niud Birra dolcificata con zucchero di datteri e la bi-du che veniva utilizzata a titolo di retribuzione degli operai nella misura di 3 litri al giorno.

Anche nell’antico Egitto vigeva la consuetudine di offrire la Birra alle proprie divinità. La Birra era un elemento fondamentale nel rito propiziatorio al dio Thot. Dei bambini prescelti, a cui erano stati bagnati gli occhi e la bocca di Birra, donavano al dio frutta e focacce. Era inoltre consuetudine, delle città del regno, offrire al Faraone ingenti quantitativi di Birra.

La Birra è sempre stata la bevanda più popolare nell’antichità e il suo consumo e la sua produzione è stata considerata una preziosa fonte di reddito.

La Birra conquistò grande notorietà tra i romani fino a diventare tanto popolare da essere prodotta nella stessa Roma. Si deve a Giulio Agricola nel 83 d.C., l’arrivo dalle isole britanniche, dei formatori dei capostipiti dei mastri birrai italiani. La Birra col tempo conquistò i gusti dell’intera Italia oltre a quelli del resto dell’Europa sotto il controllo romano.

Il miglioramento delle tecniche di lavorazione fece un balzo in avanti nel VIII secolo grazie ai mastri birrai della Abbazia di San Gallo in Svizzera che perfezionarono a tal punto i processi produttivi che era possibile produrre più tipi di birre dallo stesso malto. Dal primo mosto ottenuto dal primo sfruttamento del malto, molto ricco di zuccheri, si otteneva un tipo di Birra chiamata melior dal gusto intenso. Dalla successiva lavorazione del malto restante, che conteneva ancora una sufficiente quantità di zuccheri, si otteneva un secondo mosto e quindi una seconda Birra chiamata per lo appunto secunda, meno zuccherina e più leggera della prima. La secunda era destinata al consumo dei monaci. Infine con ciò che rimaneva del malto, per la verità quasi esausto, si otteneva un ultimo mosto e una terza Birra chiamata tertia offerta in elemosina ai mendicanti.

Nel Medioevo la produzione della Birra era riservata ai monaci e ai nobili. Questi ultimi vietavano a chiunque di produrre Birra, esercitando quindi una sorta di monopolio che poteva essere abolito solo nel caso in cui fosse stato richiesto dal mercato un quantitativo tale da non essere soddisfatto dalla normale produzione. In questi casi eccezionali e solo dopo aver ricevuto un cospicuo corrispettivo economico i nobili concedevano speciali licenze ai privati. Tale controllo monopolistico nobiliare e monastico si interruppe solo quando si istituirono le prime corporazioni di produttori e commercianti.

Nel Medioevo la tecnica di aromatizzare la Birra con erbe era consolidata. Il flusso e la varietà di spezie provenienti dall’Oriente e il loro utilizzo nei processi di birrificazione consentì la produzione di birre più piacevoli e di qualità superiore.

Successivamente le spezie vennero sostituite o integrate dal luppolo. Il suo utilizzo come pianta aromatica e amaricante era già conosciuto ma solo grazie al contributo di una botanica, la badessaHildegard Von Bingen, si scoprirono le proprietà antiossidanti e conservanti della pianta che da quel momento divenne un ingrediente imprescindibile per la realizzazione della Birra. Pur diffondendosi sempre di più l’utilizzo del luppolo come ingrediente aromatizzante, i mastri Birrai continuarono a produrre Birra secondo i propri gusti integrandone l’uso con i più svariati ingredienti.

Per avere un primo tentativo di regolamentazione dobbiamo aspettare il 1516 quando il duca Guglielmo IV di Baviera emanò il Reinheitsgebot, conosciuto anche come “l’Editto della purezza”, atto a regolamentare la produzione e la vendita della Birra in Baviera.

L’editto prescriveva che i mastri Birrai bavaresi dovevano impiegare nella produzione solo acqua, malto d’orzo e luppolo. Era previsto l’impiego di frumento ma solo in una zona circoscritta del territorio. Inoltre la legge fissava anche il prezzo di vendita della Birra che era di 1-2 Pfennig per Maß(unità di misura corrispondente ad1,069 litri).

Attualmente le leggi dell’Unione Europea ammettono l’impiego di altri ingredienti oltre a quelli consentiti dal Reinheitsgebot ma la maggior parte dei birrifici tedeschi si uniformano volontariamente al Reinheitsgebot usandolo anche come un potente strumento di marketing.

La produzione della Birra conobbe il maggior incremento produttivo durantela Rivoluzione Industrialegrazie alle innumerevoli scoperte tecniche e scientifiche come ad esempio il microscopio.

Nel 1680 Antoni Van Leuwenhoeck effettuò per primo gli studi sulla biologia cellulare perfezionati poi da Charles Cagniard-Latour nel 1839 e un anno più tardi da Anton Dreher e Gabriel Sedlmayr.  Ma il contributo maggiore venne dato da Louis Pasteur (1876) e dai suoi studi sul processo di fermentazione. Il chimico riuscì a comprendere il comportamento del lievito e di quei batteri che erano la causa di odori e sapori sgradevoli. Grazie al processo di pastorizzazione, ideato dallo stesso Pasteur, si riuscirono ad eliminare i batteri non graditi nella produzione della Birra.

Nel 1880 presso i laboratori Carlsberg, il micologo danese Emil Cristian Hansen, scoprì che il lievito era formato da differenti tipologie di funghi e che poteva essere isolato e coltivato in laboratorio. Hansen riuscì a separare una cellula di lievito pura e, combinandola con una soluzione zuccherina, riuscì a produrre il lievito in grande concentrazione. Il lievito così scoperto prese il nome di Saccharomyces Carlsbergensis in onore della azienda perla quale Hansen lavorava.

La scoperta fu di rilevante importanza in quanto consentì la produzione di birre con una nuova tecnica detta a bassa fermentazione. In questo periodo la Birra vide un netto miglioramento delle tecniche di lavorazione passando dalla pratica empirica ad un più controllato sistema di produzione. Inoltre l’introduzione di nuovi sistemi meccanizzati, come ad esempio il motore a vapore (1765 James Watt), contribuirono all’incrementando quantitativo delle produzioni.

Nacquero le prime industrie birraie che diedero vita, grazie anche allo sviluppo dei fenomeni di comunicazione e alle nuove tecniche di distribuzione, ad un redditizio mercato che permise il diffondersi dele diverse tipologie di Birra.

La voglia di gustare birre di qualità e dalle caratteristiche più diversificate ha portato, a partire dalla metà degli anni Novanta, alla nascita di birrifici artigianali che hanno riprodotto con passione molti stili che sembravano ormai dimenticati.

L’Italia è tra gli stati con più fermento produttivo e il successo delle produzioni italiane è stato riconosciuto anche da mercati internazionali come quello statunitense che richiede birre artigianali, aromatizzate, maturate in barrique e con resine al posto del luppolo. La produzione artigianale italiana si sta ritagliano una posizione di tutto rispetto in un mondo che fino a poco tempo fa vedeva protagoniste solo nazioni con una tradizione birraia più antica della nostra come il Belgio e la Germania.

Gli Ingredienti

Quattro sono gli ingredienti fondamentali per la produzione della Birra: l’acqua, l’orzo (malto d’orzo), il luppolo e il lievito. Dalle loro differenti caratteriste e combinazioni possono essere  prodotte svariate tipologie di birre, ognuna delle quali si presenta diversa all’analisi sensoriale per aspetto, aroma e gusto.

L’acqua

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L’acqua nella produzione della birra è un ingrediente di rilevante importanza visto che costituisce circa il 90 % della ricetta. La sua composizione chimica per durezza e contenuto di sostanze minerali caratterizza in modo determinante la qualità finale. In termini di gusto quello che viene maggiormente influenzato dai sali minerali contenuti nell’acqua (magnesio,cloruro, solfato) è il grado di amaro. Infatti acque povere di sali minerali tendono a generare birre più morbide.

La miscela di acqua e malto deve rispettare precisi valori di durezza affinché gli enzimi possano catalizzare le reazioni chimiche di proteolisi e saccarificazione. Con valori troppo bassi o troppo alti si rischierebbe di influenzare il pH del mosto rischiando di rallentare o addirittura interrompere l’attività enzimatica.

Dall’orzo al malto

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L’orzo appartiene alla famiglia delle Graminacee originaria dell’Asia Minore e grazie alla sua rusticità, al suo breve ciclo biologico e alla particolare capacità di adattarsi a qualsiasi clima e terreno è uno dei cereali più diffusi al mondo.

La varietà di orzo maggiormente impiegata nella produzione della Birra è quella distica, cioè con due chicchi per internodo sull’asse di infiorescenza, in quanto presenta una struttura ricca di amido e povera di proteine.

La composizione chimica nell’orzo presenta una giusta proporzione fra le più importanti classi di composti (amidi, proteine, grassi) a differenza di altri cereali che possono presentare molto più amido dell’orzo ma hanno anche molti più grassi e molti meno enzimi. Gli altri cereali, nella produzione della Birra, sono considerati succedanei dell’orzo e possono essere utilizzati sia maltati che non maltati.

La legge italiana, come quelle di altri di Paesi, oltre al malto d’orzo e a quello di frumento, consente di produrre la Birra utilizzando il 40% di altri cereali. Il mais e il riso sono i più diffusi in quanto sono maggiormente disponibili sul territorio a costi vantaggiosi.

Il frumento viene impiegato per ottenere determinati stili di Birra come le Blanche e le Weizen. Altri cereali come farro, segale e grano saraceno vengono impiegati dai produttori per conferire particolari caratteristiche al prodotto finito.

Il malto è il prodotto finale che si ottiene sottoponendo la cariosside (o granella) del cereale, ossia il frutto secco indeiscente tipico della  famiglia delle graminacee, al processo di maltazione.

Dal processo di maltazione si possono ottenere diversi tipologie di malto dalle quali dipenderanno le caratteristiche della Birra in termini di gusto, colore e alcolicità.

La tostatura

Dal modo in cui verrà eseguita la tostatura e dal grado di modificazione del chicco si otterranno diverse tipologie di malto ognuna delle quali avrà diverse caratteristiche aromatiche e di colore. Terminata la fase di disidratazione del malto, avvenuta durante la fase di essiccazione, si prosegue, sempre gradatamente, all’aumento di calore portando le temperature tra i 75-100° C fino a far arrivare l’umidità a circa il 5 %. Queste temperature originano i malti chiari.

Se i chicchi vengono sottoposti a temperature più alte si ottengono malti maggiormente aromatici, colorati, torrefatti, con un minore contenuti di zuccheri perché caramellati  dall’alta temperatura. Per un malto ambrato la temperatura sarà di 70° C per circa quattordici ore. Per malti caramellati invece si deve sottoporre il chicco germogliato ad una temperatura di 75° C per due ore e successivamente a 120° C per ancora un ora. Per ottenere malti molto scuri e aromatici il processo di tostatura prevede una temperatura di 200° C per due ore.  Questi malti saranno utilizzati per produrre birre con note aromatiche e colore particolari, caratteristici delle birre ambrate e scure.

I diversi tipi di malto

Una volta terminato il processo di torrefazione l’orzo, ormai diventato malto, viene immagazzinato in silos e fatto maturare per un tempo non inferiore ai trenta giorni.

La scala con cui si misura il colore del malto va da 2,5 per i malti Pils chiari) a oltre 1000 per i malti torrefatti.

A secondo del processo utilizzato per la produzione di malti si possono avere quelli base, caramello, scuri o tostati o dalle caratteristiche particolari.

Malti Base

Sono la percentuale maggiore dei malti utilizzati per produrre birre. Hanno un alto contenuto di enzimi che si rendono indispensabili nel processo di ammostamento per attivare le reazioni biochimiche della Birra. Fanno parte di questo gruppo i malti:

  • PILSENER: dal colore più chiaro, dal gusto morbido e quasi dolce;
  • PALE: dal colore meno chiaro e con una carica enzimatica maggiore;
  • VIENNA, MUNICH: dal colore più scuro, dall’ambrato al bruno. Il munich ha un gusto aromatico e deciso; Il Vienna viene utilizzato nella preparazione delle birre Lager.

Malti caramello

E’ uno dei malti più diffusi e di vario colore. Il profilo aromatico è robusto, zuccherino, dando alla Birra corposità e dolcezza:

  • CARAPILS: di colore chiaro, presenta una bassa fermentabilità e viene impiegato per dare corpo alla Birra;
  • CARAMUNICH, CARAVIENNA: sono simili ai malti Vienna e Munich non caramellati. Sono impiegati nella produzione della Birra per dare corpo e colore;
  • CRYSTAL: Sono malti dal caratteristico sapore di nocciola, impiegati nella produzione delle birre “ale” con colore da ambrato a ramato a bruno chiaro a seconda della quantità. Apporta un gusto di caramello.

Malti scuri e tostati

Sono malti utilizzati per la produzione di birre scure conferendo alle birre gusti affumicati e note tostate molto simili al caffè:

  • CHOCOLATE: data l’alta temperatura a cui viene sottoposto il malto durante la torrefazione ha un colore scuro, caratteristico delle stout. Il suo aroma richiama le note di cioccolato ma anche quelle del caffè tostato;
  • ROAST BARLEY: chiamato anche orzo tostato. Si ottiene tostando fino ad ottenere un colore molto scuro. Sapore molto intenso e colore molto carico. In piccole quantità modifica il sapore, rendendo la Birra secca (stile irlandese) e migliora la tenuta di schiuma. Viene impiegato in quantità molto moderate per produrre determinati tipi di birre rosse;
  • BLACK MALT: Malto tostato impiegato per produrre birre scure. Questo malto tostato a temperature molto alte e per un periodo prolungato. Utilizzato moderatamente rende la Birra color marrone, in quantità maggiore la rende nera con aroma di tostato-bruciato-affumicato.

Malti Particolari

Malti dalle caratteristiche peculiari:

  • AFFUMICATO (rauch):  malto speciale affumicato su legna di faggio ed utilizzato per ottenere birre dall’aroma affumicato. (Tipico delle birre della Franconia);
  • ACIDO (sauer): malto speciale acido utilizzato per abbassare il pH della miscela acqua/malto e quindi migliorare l’attività enzimatica, potenziare la fermentazione, ottenere colori più chiari ed un migliore equilibrio gustativo.

Il Luppolo

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Il luppolo (nome scientifico “Humulus lupulus”) è una pianta erbacea rampicante e perenne appartenente alla famiglia della Cannabaceae. Vive nelle regioni temperate e può svilupparsi fino a raggiungere un’altezza di circa sette metri. Così come la Cannabis, appartenente alla stessa famiglia, era conosciuta sin dai tempi antichi per i suoi effetti calmanti.

Per la produzione della Birra vengono utilizzate le infiorescenze femminili che sono coperte da un complesso sistema di brattee formanti il caratteristico “cono” che rende la pianta del luppolo inconfondibile.

Nella produzione della Birra ciò che ha reso determinante l’utilizzo del luppolo, oltre alle sue qualità amaricanti e aromatiche, che già erano ben apprezzate anche in epoca antica, è stato quello di rivelarsi anche un ottimo conservante naturale dando stabilità alla Birra e permettendole di mantenere a lungo le sue caratteristiche organolettiche.

Nei fiori di luppolo è presente la luppolina molto ricca di sostanze resinose, di oli essenziali etannini. Ognuna di queste sostanze organiche contribuirà a dare alla Birra caratteristiche diverse. Le sostanze resinose apportano alla Birra il caratteristico sapore amaro, compensando il gusto dolce dato dal malto, inoltre grazie alle loro proprietà antibatteriche, disinfettanti e antiossidanti, svolgono un azione conservante e contribuiscono alla stabilità della schiuma. Gli oli essenziali invece sono responsabili della fragranza e degli aromi tipici della Birra. Infine i tannini coaugulano le proteine durante i processi di bollitura e di fermentazione.

Esistono diverse varietà di luppolo e ciò che le contraddistingue e che ne caratterizza le qualità amaricanti o aromatizzanti è la proporzione tra le sostanze resinose e gli olii esenziali.  Altri fattori influiscono sulla proporzione nel luppolo di queste sostanze in particolare la zona di coltivazione e il clima nell’anno vegetativo di raccolta.

La quantità di amaro di una Birra è misurato in IBU (International Bitterness Unity). Il grado di  amaro sarà maggiore quanto più lungo risulterà il tempo di bollitura del luppolo.

La conoscenza dei diversi tipi di luppolo da parte del mastro Birraio è fondamentale perché ne consentirà un utilizzo consapevole per ottenere il risultato desiderato sia in termini aromaticità che di grado di amaro. Le sostanze aromatiche del luppolo, al contrario di quelle amaricanti, non sopportano le alte temperature della bollitura e il momento giusto della loro aggiunta è una fase molto delicata della produzione della Birra.

Il Lievito

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L’ultimo ingrediente indispensabile per la produzione della Birra è il lievito. Il lievito è un organismo unicellulare appartenente al regno dei funghi composto da un unico tipo di cellula, di forma ellittica o sferica, le cui dimensioni sono inferiori ai 20-30 milionesimi di millimetro.

I lieviti utilizzati nella produzione della Birra sono i Saccharomycies Cerevisiae e i Saccharomycies Carlsbergensis.

Il Saccharomycies cerevisiae è conosciuto anche come “lievito di Birra” ed è il lievito più importante nella storia dell’uomo e della sua alimentazione.

Noto e utilizzato fin dall’antichità nella panificazione e nella produzione di Birra e vino, è stato per la prima volta isolato sulla superficie degli acini d’uva sulla pruina, una sostanza che ricopre e opacizza la buccia degli acini.

Viene utilizzato per la produzione di birre tradizionali ad alta fermentazione, genericamente dette “Ale”.

Il cerevisiae opera in una gamma di temperature che va dai 12 ai 24° C e occupa prevalentemente la parte più superficiale del mosto.

Tende a conferire alla Birra aromi fruttati e aromatici.

I principali stili di Birra prodotti con il metodo dell’alta fermentazione sono l’Alt, lo Sticke, il Kolsch, il Bonnsch, il Gose, il Berliner Weisse, il Mild Ale, il Bitter Ale, il Pale Ale, l’India Pale Ale (britanniche e americane).

Insieme all’acqua questi sono gli ingredienti imprescindibili per la produzione della Birra ma, sin dall’antichità, i mastri Birrai hanno cercato di personalizzare le proprie produzioni con l’aggiunta di spezie ed erbe. Inoltre il non utilizzo del luppolo fino al XIII secolo rendeva l’uso delle spezie quasi indispensabile per arricchire il gusto del malto e stabilizzarela Birra. Nelleproduzioni attuali le spezie ricoprono ancora un ruolo importante per conferire particolari sfumature di gusto.

Fasi produttive

La macinazione

Il processo produttivo della Birra, chiamato anche “birrificazione” o “brassaggio” deve seguire alcune regole basilari e rispettare le correte fasi di produzione su cui si articola. La prima fase è quella della trasformazione dell’orzo in malto. Il malto viene poi macinato per permettere all’acqua di miscelazione di penetrare nei chicchi e attivare gli enzimi che serviranno a trasformare le sostanze contenute nel malto.

Miscelazione e ammostamento (saccarificazione)

La fase successiva alla macinatura è la miscelazione. Al malto macinato viene aggiunta acqua calda nelle proporzioni di 1 a3 (tre parti di acqua e una parte di malto). La miscela così ottenuta viene gradualmente riscaldata a differenti temperature favorendo le reazioni  chimiche di solubilizzazione dell’amido e delle proteine. Tutte le sostanze che solibilizzando arricchiranno il mosto prendono il nome di estratto.

In questa fase il mastro Birraio decide le diverse temperature e gli intervalli di sosta per ottenere la giusta composizione del mosto. Inoltre sceglie il sistema di ammostamento più adatto tra quello ad infusione e quello a decozione.

Mediamente la fase di ammostamento dura circa un ora. Alla fine del processo la temperatura della miscela verrà innalzata portando i valori compresi tra i 78 e 80° C al fine di inattivare la carica enzimatica.

Il processo si interrompe quando tutto l’amido è stato convertito in zuccheri. Questo controllo avviene utilizzando il test dello iodio che consiste nel verificare che la miscela di poche gocce di mosto con altrettante di iodio produca un liquido dal colore tipicamente arancio scuro. Se la miscela è più scura o addirittura nera la conversione non è stata completata.

La filtrazione del mosto

Il processo di filtrazione ha lo scopo di separare la parte liquida dalla parte solida (trebbie) che deve essere eliminata prima della fase di cottura. La miscela di mosto e trebbie viene trasferita dal tino di miscela al tino di filtrazione per mezzo di pompe e tubi fissi. Viene fatta passare attraverso una griglia che trattiene le trebbie permettendo il passaggio della parte liquida che viene successivamente filtrata e raccolta nel doppio fondo di cui è dotato il tino. Le trebbie, separate dalla parte liquida, subiscono una fase di lavaggio che ha lo scopo di  recuperare il mosto zuccherino di cui sono imbibite le trebbie. Il lavaggio si effettua utilizzando acqua calda a 77° C. Una temperatura maggiore rischierebbe di estrarre anche sostanze, come tannini e polifenoli, che darebbero un’astringenza eccessiva alla Birra finita.

Una volta terminata l’operazione di lavaggio si procederà a rimuovere, con una certa rapidità, le trebbie dal tino perché potrebbero innescare contaminazioni microbiche.

La cottura e il luppolamento

Ultimato il processo di filtrazione il mosto viene trasferito nel tino di cottura per essere  sottoposto ai processi di bollitura e luppolatura. La cottura di regola ha una durata che va dall’ora alle due ore e mezza.

Il mosto viene sottoposto a bollitura per diverse motivazioni e tutte di rilevante importanza:

  • concentrare il mosto attraverso l’evaporazione dell’acqua;
  • sterilizzare il mosto;
  • inattivare gli enzimi ancora presenti a seguito della filtrazione;
  • conferire il grado di amaro voluto;
  • favorire la coagulazione e la precipitazione di sostanze come i complessi proteine-polifenoli e consentirne l’eliminazione.

Il processo di bollitura viene eseguito immettendo il mosto all’interno di una caldaia e riscaldandolo fino al punto di ebollizione per mezzo di vapore o mediante l’utilizzo di getti di acqua calda. Esistono ancora delle birrerie che tradizionalmente eseguono la bollitura del mosto a fuoco diretto.

Durante la cottura viene effettuata l’aggiunta del luppolo. Questo, in base alle sue proprietà amaricanti o aromatiche, verrà aggiunto all’inizio o alla fine del processo di bollitura. Oltre all’apporto aromatico il luppolo agirà da conservante conferendo maggiore stabilità alla Birra, permettendole così di mantenere più a lungo le sue proprietà organolettiche.

Una volta terminata la cottura del mosto si procederà alla verifica del grado saccarometrico finale e si procederà alla rimozione delle sostanze insolubili depositate sul fondo del tino di cottura.

Terminata anche la fase di luppolatura il mosto viene trasferito nel tank di fermetazione e la temperatura del liquido viene abbattuta fino al valore desiderato a seconda della tipologia di Birra che si vuole produrre.

La Fermentazione

Una volta terminata la bollitura il mosto sarà povero di ossigeno che invece è l’elemento fondamentale affinché si attivi correttamente il processo di fermentazione. Il mastro Birraio quindi dovrà riossigenare il mosto utilizzando diversi metodi: potrà insufflare nel mosto ossigeno puro o aria sterile oppure avvalersi di arieggiamenti meccanici facendo cadere dall’alto il mosto nel fermentatore o agitare lo stesso rimescolandolo. Una volta eseguita questa operazione il mosto è pronto per essere sottoposto a fermentazione.

La fermentazione prevede due fasi: una fermentazione primaria e una fermentazione secondaria.

La durata della fermentazione primaria è in funzione dello stile di Birra che si è deciso di produrre. Questo processo viene monitorato giornalmente al fine di verificare la percentuale degli zuccheri fermentati.

Anche per la fermentazione secondaria i tempi variano a seconda dello stile di Birra. Possono essere necessarie da alcune settimane a diversi mesi per le birre a bassa fermentazione o “soli” 7-20 giorni per le birre ad alta fermentazione.

In questa fase i lieviti ancora presenti termineranno di metabolizzare gli zuccheri arricchendo la Birra di anidride carbonica e quindi gasandola. La percentuale di anidride carbonica disciolta nella Birra dipenderà molto dalla pressione e dalla temperatura scelte in questa fase.

Nel tank di maturazione avviene l’illimpidimento della Birra, dovuto alla precipitazione sul fondo del tank del lievito rimasto e dei flocculi tanno-proteici (trub a freddo). Più lunghi saranno i tempi di maturazione maggiore sarà l’illimpidimento del prodotto finale.

Alla fine del periodo di maturazione otterremo una Birra più limpida e pulita, ma allo stesso tempo con un aspetto non perfettamente trasparente per la presenza, se pur minima, di lieviti e agglomerati proteici in sospensione.

Al termine del processo la Birra avrà acquisito un gusto definitivo poiché gli ingredienti, essendosi armoizzati, avranno terminato la loro evoluzione aromatica.

La fase successiva prevede il confezionamento della Birra.

Nel caso della Birra artigianale si procede a confezionare sia in bottiglia che in fusto senza che la birra venga sottoposta a processi di filtrazione e pastorizzazione e senza che vengano utilizzati conservanti e altri additivi chimici. La Birra così confezionata è detta artigianale o cruda.

Per alcune tipologie di Birra è prevista, durante la fase di confezionamento, una nuova fermentazione e maturazione, aggiungendo alla Birra matura altro mosto o altri zuccheri.

Le birre artigianali non pastorizzate hanno integre tutte le caratteristiche organolettiche e l’insieme di aromi e sapori risulta molto più complesso di quello della Birra industriale pastorizzata. Di contro le birre artigianali non pastorizzate hanno una stabilità nel tempo limitata ma è lo scotto da pagare per gustare la a pieno gli sforzi del mastro birraio.

Nelle produzioni industriali si preferisce un prodotto povero a livello aromatico ma con una vita commerciale più lunga. Ed è per questo motivo che una volta terminato il processo di fermentazione la Birra viene sottoposta ad ulteriori fasi che garantiranno alla Birra molta più stabilità e tempi di conservazione più lunghi. Naturalmente tutto questo porterà ad un’inevitabile perdita delle caratteristiche aromatiche e di gusto.

I procedimenti a cui viene sottoposta la Birra industriale in fase di confezionamento sono i seguenti:

  • un ulteriore filtrazione necessaria a eliminare qualsiasi rimanenza del lievito contenuto nella Birra. Tale processo comporta l’inevitabile decadimento del prodotto sia da un punto di vista aromatico che gustativo. In alcuni casi vengono effettuate filtrazioni spinte, dalle quali si ottengono prodotti quasi sterilizzati. Tali trattamenti sono così efficaci  da essere considerati alternativi al trattamento termico di pastorizzazione. Il processo permette di rimuovere qualsiasi attività biologica senza sottoporre Birra a riscaldamento, limitando le conseguenze negative alla qualità del prodotto finale;
  • Un processo di stabilizzazione che rimuove quelle componenti naturali che si attiverebbero intorbidendo la Birra nel caso di esposizione a temperature alte o alla luce del sole. Il processo è eseguito facendo scorrere la Birra su una superficie di PVPP (polivinilpolipirrolidone);
  • Viene effettuata l’aggiunta di conservanti come l’acido ascorbico riducendo i rischi di alterazione della Birra;
  • la Pastorizzazione che sottopone la Birra ad un trattamento termico finalizzato all’eliminazione di tutti i microrganismi presenti. Per alcune birre di “pregio”, se pur industriali, si esegue una pastorizzazione prolungata ma con temperature più basse.

Per il confezionamento della Birra occorre rispettare alcuni aspetti fondamentali. La Birra deve essere tenuta al riparo dall’aria e deve essere sempre sotto pressione, perché l’eventuali perdite di anidride carbonica, sono irreversibili.  Altro fattore importantissimo è l’igiene il cui rispetto deve essere costante durante tutto il processo produttivo della Birra compresa la fase di confezionamento perché l’eventuale diffusione di cariche microbiche potrebbe rendere vano tutto il lungo processo produttivo.

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La birra viene spesso erroneamente considerata come una bevanda alcolica non degna di essere paragonata ai suoi cugini più blasonati come il vino e i distillati. Non vengono riconosciute le sue antiche origini, la complessità produttiva e la varietà aromatica che può offrire.

L’omologazione dovuta alle decine di marchi industriali che propongono birre piatte, molto gasate e dai profili aromatici poco interessanti e standardizzati ha rovinato la reputazione di questa antica e nobile bevanda relegandola al consumo più di massa e poco attento.

Negli ultimi decenni però una nuova generazione di mastri birrai è in fermento e un incremento della sensibilità dei consumatori ha alimentato una ormai conclamata rinascita.

La Birra non accompagna semplicemente un veloce spuntino ma diventa compagna di abbinamenti anche impegnativi con carne, alimenti pregiati, dolci e cioccolato.

Il modo della birra è molto esteso e visitarlo molto piacevole.

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