Svelare l’origine di questa bevanda scura quanto misteriosa non è impresa facile, a cominciare dalla parola caffè, che probabilmente deriva dal turco “Kahveh“.
Tanti possono essere i riferimenti al caffè. Potremmo menzionare il capitolo IV dell’Odissea in cui Omero cita una bevanda che potrebbe ricondurre al caffè, oppure potremmo riprendere l’antica leggenda del pastore yemenita Kaldi che avrebbe notato una particolare eccitazione del suo gregge dopo aver pascolato vicino a degli arbusti dalle caratteristiche bacche rosse, o anche al famoso episodio dell’Arcangelo Gabriele che rifocilla Maometto donandogli la forza necessaria a riprendere la sua via di liberazione.
In epoche remote, nelle terre africane d’origine, veniva tritato e unito al grasso animale per preparare una sorta di cibo da viaggio per i cacciatori e i guerrieri. Era una fonte d’energia così come il cacao in America Centrale, il guaranà in America del Sud o la cola in Oriente. In alcuni casi i frutti interi venivano fatti fermentare per ottenere una sorta di vino: il qahwa.
Solo intorno all’anno mille il caffè inizia a venir consumato sotto forma di infuso dal caratteristico colore scuro ottenuto dai semi tostati. Sono di quel periodo le testimonianze del filosofo e medico persiano Avicenna “…fortifica le membra e purifica la pelle…”
Il caffè diventò usanza consolidata nel mondo arabo e i musulmani utilizzarono la corroborante bevanda in sostituzione del vietato alcol che aveva effetti opposti al nero infuso e che la legge del Profeta vietava. In Oriente i locali pubblici dove era possibile consumare caffè e socializzare erano diffusissimi. Nell’Impero Ottomano il sultano Solimano il Magnifico, che regnò fino al 1566, lo consumava come tonico più volte al giorno e nel 1630, Murad IV, uno dei suoi successori, ritenedo il caffè capace di aprire troppo le menti dei suoi sudditi, rendendole, a suo dire, pronte alla rivolta, decise di radere al suolo la maggior parte dei locali adibiti al suo consumo, spingendosi addirittura a condannarne l’uso con la pena della precipitazione nel Bosforo. Ma il consumo di caffè non si arrestò anzi si innestò saldamente nelle usanze tradizionali del mondo arabo. I locali dove veniva servito era il luogo dove poeti e menestrelli potevano recitare i loro versi e gli avventori concludere incontri commerciali o socializzare.
Il Caffè approda in Europa dalla via principale delle merci provenienti dall’Oriente: Venezia. È proprio nella Serenissima che nel 1600, il botanico Prospero Alpini, dopo essere stato per diverso tempo console di Venezia in Egitto, introduce l’uso del caffè come bevanda.
La Chiesa Cattolica lanciò, anche per il caffè, l’immancabile anatema verso qualcosa di nuovo proveniente dall’ “esterno”. Del resto il mondo mussulmano decantava le lodi del caffè con argomentazioni non gradite al mondo cattolico: dono di Allah al suo Profeta e bevanda capace di infondere tanta forza a Maometto da consentirgli di disarcionare in battaglia 40 cavalieri e di rendere felici sul talamo 40 donne.
La definizione del caffè rimane quella di “prodotto del Demonio” fino a quando Clemente VIIIdichiara che “l’aroma del caffè è troppo gradevole per essere opera del maligno e sarebbe un peccato che i Musulmani ne avessero l’esclusiva”.
La prima commercializzazione è affidata alle farmacie con costi proibitivi visto i pochissimi paesi produttori primo fra tutti lo Yemen (dal porto di Moka partivano i bastimenti destinati al commercio dei preziosi chicchi). Il monopolio della produzione era garantito da pratiche eseguite prima della commercializzazione. La più utilizzata era quella della bollitura dei chicchi prima di insaccarli per far si che non potessero più germinare in terra diversa da quella di origine. Gli sforzi protezionistici furono vanificati nel 1616 quando il mercante olandese Pieter Van der Broeke riuscì a sottrarre qualche pianta di caffè affidandole poi al giardino botanico di Amsterdam. In breve tempo compariranno le prime piantagioni olandesi in Asia e quelle francesi nelle Antille.
Il Caffè, attraverso il commercio Veneziano, penetrerà in l’Europa e i locali dove divenne possibile consumarlo fecero concorrenza a quelli che fino a quel momento servivano tè. Le Coffee House erano anche in questa parte del mondo il luogo dove gli intellettuali potevano incontrarsi e, complice anche le corroboranti doti della caffeina, scambiarsi idee e riflessioni fino a notte inoltrata. Il Potere, così come avvenuto in Oriente, temeva questa eccitazione intellettuale che speso portava alla formulazione di profonde critiche allo status quo. Sono documentati i tentativi del procuratore generale di Londra che nel 1676 tentò chiudere le Coffee House senza riuscire però nel suo intento.
In Francia, nel 1686, aprì il Cafe Procope che divenne l’archetipo del caffè letterario d’Europa. Anche in Italia si diffusero i caffè letterari e circa un secolo più tardi, Pietro Verri, esponente di punta del movimento illuminista italiano, intitola il suo giornale intellettuale proprio “Il Caffè”.
A Roma, così come in tutte maggiori città italiane, aprono i Café tra cui il famoso Caffè Greco ritrovo di artisti e intellettuali.
In tutta Europa i Cafè diventano i luoghi dove è possibile disquisire di arte, letteratura, assistere a spettacoli di ballo e dove per la prima volta anche le donne possono accedere e decidere di sedersi al tavolo con avventori maschi.
I Cafè Chantant sono i primi posti pubblici dove si affaccia la trasgressione, sotto forma del primi balletti, in cui è addirittura possibile vedere, per la prima volta, le gambe delle ballerine di CanCan. A Parigi, così come a Londra, è sempre più facile notare affisse le coloratissime locandine che pubblicizzano le serate da ballo in locali come il Moulin Rouge.
L’Europa chiede sempre di più caffè e le vie di approviggionamento orientali stanno sempre più strette ai mercanti europei. Il Medio Oriente è senz’altro la terra di origine del caffè ma e solo con l’impianto delle coltivazioni su suoli alternativi che tutta la richiesta del mercato verrà soddisfatta.
Le Indie Orientali, Giava, l’America Centrale e Caraibica si prestavano molto bene alla coltivazione del caffè per il clima favorevole e il per il basso costo della manodopera che era fornita dagli stessi schiavi sfruttati per la coltivazione del cotone, del cacao e della canna da zucchero.
La penetrazione del caffè nel mondo artistico è tale nel ‘700, ‘800 e ‘900 i quadri in cui viene raffigurato sono decine. Solo per citarne alcuni: Piatto di cedri, cesto di arance e tazza con rosa di Francisco de Zurbaran del 1633, Colazione nello studio dipinta nel 1868 da Eduard Manet, Pere Lathuille del 1879 sempre di Manet, Alla fine della colazione del 1879 di Pierre Auguste Renoir, Paul Cezanne dipinge, tra il 1890 e il 1895, la Donna con caffettiera, La tazza di caffè del 1914 di Pierre Bonnard, Automat di Edward Hopper del 1927 e Caffè Greco di Renato Guttuso del 1976.
Costanti riferimenti vengono fatti anche nel teatro con Carlo Goldoni ne La bottega del caffè del 1750 o Natale in casa Cupiello di Edoardo De Filippo del 1931. Nella musica la cantata del caffèdi Johann Sebastian Bach del 1732, Gioacchino Rossini in la Cenerentola del 1817, Gaetano Donizzetti ne l’Elisir d’amore del 1832. Anche il cinema è pieno di scene in cui il caffè è protagonista.
Pellegrino Artusi definirà così il caffè: “Questa preziosa bibita che diffonde per tutto il corpo un giocondo eccitamento, fu chiamata la bevanda intellettuale, l’amica dei letterati, degli scienziati e dei poeti, perché, scuotendo i nervi, rischiara le idee, fa l’immaginazione più viva e più rapido il pensiero.”
Il caffè accompagna la vita intellettuale, ricreativa e sociale dell’uomo da così tanto tempo che è entrato a far parte della consuetudine di popoli anche culturalmente molto distanti tra loro.